Appello a rettrici e rettori

Appello per l’istituzione di un corso trasversale sulla crisi ecosociale nelle Università italiane  

Un dibattito più aperto e plurale sulla crisi eco-sociale, e un approccio più intersezionale (realmente, non solo a parole) alla ricerca e all’insegnamento. Sono questi i due punti principali sollevati in un appello promosso dall’Associazione per la decrescita e firmato da alcune centinaia di docenti e ricercatrici/ricercatori di università italiane (o italiane/i impiegati presso università estere). L’appello è stato inviato a tutte le rettrici e i rettori, nella speranza di modificare, ampliare e possibilmente migliorare il modo in cui si parla di ecologia nei corsi di laurea disseminati ai quattro angoli dello Stivale, anche adottando approcci più radicali rispetto al mantra dello “sviluppo sostenibile”. Fra questi approcci vengono esplicitamente menzionate la decrescita e la post-crescita, oltre all’economia della cura, il buen vivir, la giustizia ambientale, l’eco-territorialismo, e tanti altri. L’iniziativa è nata anche sulla scia delle proteste studentesche della scorsa primavera e con un occhio rivolto ad alcuni “casi virtuosi” – come l’Università di Barcellona o Sciences Po a Parigi – in cui sono già stati istituiti corsi interdisciplinari e plurivocali sulle questioni eco-sociali aperti a tutto il corpo studentesco. Che i tempi possano essere maturi perché una simile decisione venga presa anche da qualche ateneo nostrano?

Di seguito riportiamo il testo dell’appello.


Le crisi multidimensionali e multisettoriali che stanno mettendo a repentaglio le stesse basi biologiche di ogni attività umana hanno bisogno di risposte altrettanto sistemiche, radicali e urgenti. L’impatto distruttivo del sistema socioeconomico sulle “risorse naturali” ha superato ampiamente i ritmi e le possibilità di rigenerazione spingendo grandi masse della popolazione mondiale (soprattutto nei paesi più poveri, ma sempre più spesso anche nelle “democrazie industriali”) verso drastici peggioramenti della condizione di vita, una profonda incertezza sulle aspettative future e nuove forme di povertà e precarietà. L’università, la scuola e il mondo della cultura in generale, sono chiamate a giocare un ruolo di primo piano in questo scenario, facendosi portatrici del più ampio dibattito possibile non solo sugli strumenti da mettere in campo per la mitigazione e l’adattamento al cambiamento climatico, ma anche sulla necessaria trasformazione del modello economico alla sua radice. Questo significa studiare e discutere scenari che vadano oltre le soluzioni, oggi adottate, della “crescita verde” o dello “sviluppo sostenibile” le quali fanno affidamento ad una ottimistica fiducia nelle soluzioni tecnologiche e di mercato. L’efficacia di queste ultime, infatti, è stata messa in dubbio da evidenze fattuali e scientifiche. In più di trent’anni l’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) e l’IPBES (Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services) hanno prodotto svariate analisi della situazione incombente, delineando scenari sempre più catastrofici. Nonostante ciò, le emissioni climalteranti e l’estinzione delle specie continuano ad aumentare. Tutte le dimensioni ambientali sono seriamente messe in pericolo da un modello di organizzazione sociale che si sta dimostrando sempre più incompatibile con gli equilibri ecosistemici. In questo contesto è fondamentale che il sistema universitario e della ricerca sviluppino una cultura critica e una visione rispettose dei cicli rigenerativi della vita, dei beni comuni universali, della equa condivisione delle ricchezze e della dignità di ogni essere vivente. Occorre dunque iniziare a prendere in considerazione, discutere e mettere a confronto, senza timore, tutti i modelli, le categorie e le visioni avanzate in ogni campo del sapere. Ci riferiamo specificatamente alle discussioni di categorie e modelli proposti dall’economia ecologica, dall’economia politica, dalla “decrescita”, dalla “post-crescita”, dal “post-sviluppo”, dalla “prosperità senza crescita”, dal buen vivir, dalla convivialità, dall’economia solidale, dell’eco-territorialismo, dall’economia del bene comune, dall’economia della cura, dalla giustizia ambientale, etc. superando così i rigidi steccati disciplinari e le attuali griglie ministeriali, duri a morire, che impediscono una effettiva connessione dei saperi e delle competenze. La rigidezza per cui le scienze umane e sociali hanno difficoltà a dialogare e farsi ascoltare dalle scienze naturali, e viceversa, deve essere superata. La questione ecologica deve essere colta, dunque, come occasione per interrogare più a fondo l’architettura stessa della conoscenza accademica. Non si deve promuovere soltanto la specializzazione o addirittura l’iperspecializzazione, ma occorre anche sostenere una ricerca e un sapere di tipo connettivo, capaci di integrare contributi e visioni derivanti da tradizioni e campi di analisi differenti, per ottenere un quadro d’insieme più vivido e articolato. In altre parole, è necessario sviluppare un approccio integrale alla crisi eco-sociale, perché solo tale approccio permette di tenere insieme la complessità delle sfide presenti e di fornire strumenti per affrontarle. Sulla base della necessità di un dibattito plurale e della connessione dei saperi, auspichiamo che gli Atenei italiani adottino sempre più un approccio alla didattica in grado di dialogare con il nostro tempo. In particolare, anche sulla base di quanto avviene in altre università europee (es. Università di Barcellona o Sciences Po a Parigi), auspichiamo che gli Atenei italiani possano offrire agli studenti e alle studentesse, specialmente dei primi anni, un corso trasversale (o insegnamenti trasversali a tutti i corsi di laurea) dedicato alla crisi eco-sociale che offra prospettive pluridisciplinari e metta a confronto visioni e soluzioni alternative. Tale corso potrebbe essere modulare, con una prima parte comune a tutte le facoltà e una seconda parte che affronti, più nello specifico, il rapporto tra un determinato campo di studi e la crisi eco-sociale. Ciò dovrebbe riguardare sia i percorsi di laurea triennali e magistrali, sia l’alta formazione universitaria (dottorati e master). Nell’auspicare che queste nostre considerazioni possano essere in tutto o in parte da lei condivise, saremmo felici di avere un suo riscontro e ci rendiamo disponibili per qualsiasi approfondimento con il suo Ateneo.   

 

Tra i primi firmatari: Jean-Louis Aillon, Maura Benegiamo, Marco Bersani, Niccolò Bertuzzi, Piero Bevilacqua, Mauro Bonaiuti, Monica Capo, Stefano Ciccone, Alice Dal Gobbo, Marco Deriu, Luigi Ferrajoli, Andrea Fumagalli, Emanuele Leonardi, Alberto Magnaghi, Roberto Mancini, Luca Mercalli, Rossano Pazzagli, Tonino Perna, Enzo Scandurra, Gianni Tamino, Mauro Van Aken.

 

Tutte le firme sono disponibili a questo link: https://bit.ly/434yGEu