CONVEGNO / Identità e algoritmi. Patologie e cura della psiche nel capitalismo digitale

Il convegno si terrà l’8 e il 9 ottobre 2024 presso il museo M9 di Venezia-Mestre con il patrocinio del Dipartimento di Filosofia dell’Università Ca’ Foscari di Venezia.

Aperto a tutti, con prenotazione dei posti a sedere.

PROGRAMMA

8 ottobre
9-13 Infosfera e Mediascape. Quali rischi e quali opportunità per l’individuazione psichica e le relazioni interindividuali?
Giuseppe Longo (matematico, informatico ed epistemologo della biologia)
Giovanni Morelli (bioinformatico e chimico)
Teresa Numerico (filosofa)
Franco “Bifo” Berardi (filosofo)

15-19 Patologie del desiderio nella società dell’iperconsumismo e della competizione sfrenata.
Stefano Penge (informatico e filosofo)
Franco Lolli (psicoanalista)
Bruno Mazzara (psicologo sociale)
Laura Bazzicalupo (filosofa)
Massimo Rossi (psichiatra e psicoanalista)

9 ottobre

9-13 Il rischio di dis-individuazione del soggetto nella società automatica del tecnocapitalismo computazionale.
Deborah De Rosa (filosofa)
Alessandro Simoncini (filosofo)
Laura Pettenò (psicologa)
Alvise Marin (filosofo e informatico)
Valentina Bazzarin (psicologa e sociologa)

15-19 Cura e riconoscimento del Sé. Da una società entropica della competizione a una neghentropica della cooperazione e della condivisione. Per un’ecologia della
mente incarnata.
Mario Pezzella (filosofo e poeta)
Lucio Cortella (filosofo)
Giorgio Cesarale (filosofo)
Roberto Finelli (filosofo)                                                                                                                                                                                                                                                  Romano Madera (filosofo e psicoanalista)

I dibattiti si svolgeranno in presenza, con possibilità di collegamento da remoto via zoom. Gli atti del convegno verranno raccolti e pubblicati in un libro in formato cartaceo.
Questo progetto è autodeterminato e autofinanziato, in quanto relatori e collaboratori, vi partecipano in forma volontaria e a titolo gratuito. Si chiede cortesemente un contributo economico minimo di 20 euro, come aiuto all’organizzazione dell’iniziativa, con il quale si ha a disposizione un posto a sedere (i posti sono limitati) e si riceve una copia cartacea del libro che raccoglierà le relazioni del convegno.

Di seguito le coordinate bancarie per effettuare il versamento:
IBAN IT36X0874902002000000000620 Centro Marca Banca intestato ad AEres Venezia per l’altraeconomia
Causale : donazione per attività culturali seminario

Gli organizzatori
Roberto Finelli e Alvise Marin

 

La rivoluzione tecnologica del digitale e più ancora i suoi ultimi prodotti sociotecnici, quali social network,
big data, realtà aumentata, algoritmi e intelligenza artificiale, in particolar modo quella generativa
conversazionale come ChatGpt, è arrivata a costruire un esoscheletro digitale, il quale sta riconfigurando
società, economia, politica e guerra, giù giù fino all’identità e alla psiche dei singoli individui. Lontani da
ogni atteggiamento neoluddista, che si auspichi un nostalgico e impossibile ritorno al passato, sorge la
necessità di un governo della tecnologia digitale che abbia l’obiettivo di restituire alla persona le facoltà di
sentire e pensare autonomamente, cosa che oggi, a nostro modo di vedere, risulta a rischio. Tecnologia da
sottoporre quindi a una preventiva disamina ermeneutica, per verificare se essa possieda la doppia
valenza significativa del pharmakon, in quanto insieme veleno e cura possibile o se altrimenti,
contenga già nel suo concepimento quel dettato capitalistico, che ne farebbe lo strumento principale
per permettere a questo sistema di relazioni sociali ed economiche di perpetuarsi.
Il «capitalismo computazionale», andando sempre più veloce del diritto, lo anticipa e lo previene,
imponendo uno stato di fatto algoritmico, che necessita di essere sempre ricondotto nell’alveo di
una norma giuridica. Una norma però, come l’IA act promulgato il 13 marzo 2024, dal parlamento
europeo, che come ognuna non può che arrivare in ritardo, sempre superata dalla velocità dei
mutamenti della IA, che cambia di giorno in giorno. Se si trattasse di sottrarre la tecnologia digitale
e l’IA in particolare, al comando capitalistico, che norma e istituzionalizza da sempre ciò che
ritorna utile alla sua riproduzione, sarebbe necessaria una insorgente presa di coscienza, avviata da
parte di coloro che dibattono pubblicamente sui suoi rischi e opportunità, laddove ce ne sono,
avviando forme costituenti di riconfigurazione dell’uso e dell’implementazione della tecnologia
digitale, nella direzione di un suo impiego per il benessere di tutti gli esseri viventi.
Il tecno-capitalismo digitale, che utilizza algoritmi e Intelligenza Artificiale, è un «capitalismo
all’ennesima potenza», che ha sempre in vista più produzione, più produttività, più consumi e più
profitti che, aldilà di green-washing e work-washing, significano anche più riscaldamento climatico
e più precarietà. L’interrogativo da porsi è se l’IA una volta sottratta allo statuto oracolare di
risolutore di ogni problema e all’attrazione nell’orbita un modello capitalista estrattivo, che la
utilizza nell’accumulo di profitti e rendite, senza alcuna considerazione per i possibili ritorni
negativi a livello psichico individuale, sociale, economico-finanziario, ambientale e militare,
potrebbe risultare utile per il benessere individuale, collettivo e del pianeta che ci ospita.
Se l’IA può venire utilizzata nella diagnostica strumentale in ambito sanitario, nelle previsioni sul
cambiamento climatico, nella prevenzione e gestione dei disastri, allo stesso tempo viene da
chiedersi quanti saperi sapienziali vernacolari andranno dimenticati e cancellati e quanti disastri
ambientali e climatici si sarebbero potuti evitare, intervenendo a monte di un sistema economico,
quello capitalistico, che producendoli, tende a perpetuarsi anche grazie a loro, attraverso la perenne
invocazione di uno stato di emergenza?
Che l’IA possa rimanere ancorata ad uno statuto strumentale, non assumendo una veste oracolare o
contribuendo a generare sfruttamento economico, disarticolazione sociale, rendite di posizione,
polarizzazione della conoscenza e del potere politico e aumento dell’entropia ambientale, potrebbe
dipendere dal suo venire condivisa e collettivizzata a livello globale, dal suo essere open-source, dal
considerare i Big Data come un bene comune non privatizzabile, verso una direzione che sia
altermondialista e anticapitalista?